Le grandi abbazie
l'abbazia di
Montecassino
l'abbazia di S. Vincenzo al Volturno
Il Chronicon Volturnense (la
storia del monastero scritta dal Monaco Giovanni nel. XII sec.) descrive con molti particolari e ricchezza d'immagini miniate le vicende dei nobili beneventani
e la nascita del centro monastico. La fondazione dell’abbazia benedettina di San Vincenzo risale alla metà del 700; tre aristocratici beneventani Paldone,
Tatone e Tasone, decidono di fermarsi nelle terre ricevute in dono dal duca di Benevento, nelle vicinanze di un nucleo monastico fondato da una piccola comunità
di monaci nel 684. Ad Ambrogio Autperto, abate intorno al 777, deve attribuirsi il merito di aver intensificato i rapporti tra il monastero volturnense e la
corte di Carlomagno, dalla quale proviene. A Giosué. si deve un ulteriore sviluppo del monastero e una serie di opere architettoniche che condizioneranno
l’impianto funzionale della città monastica, fino alla distruzione saracena dell’881; consolida i rapporti con la corte carolingia e riorganizza l’articolazione
urbanistica degli edifici aggregatisi fino ad allora spontaneamente. Un’opera che porterà il complesso volturnense a collocarsi tra i più importanti d’Europa e
che avrà un importante ruolo di controllo e gestione di un vasto territorio caratterizzato, a quel tempo, da modesti insediamenti e torri isolate (castella).
L’impianto architettonico, come dimostrano gli scavi in atto, presenta caratteri innovativi. Il modello della basilica costantiniana di San Pietro a Roma viene
sensibilmente revisionato in alcuni elementi, l’esclusione del transetto e l’inserimento dell’ostwerk. La chiesa ha un impianto triabsidato a tre navate, con
file di sedici colonne per parte con il reimpiego di materiale di edifici romani. La cripta presenta un anello esterno semicircolare allungato associato ad uno
spazio interno a croce latina. I motivi geometrici degli affreschi sono pensati per creare l’illusione di un sepolcro ricco di diamanti, marmi policromi e
tarsie multicolori, un vero paradiso sotterraneo. Il grande refettorio è capace di ospitare circa 400 monaci. Tutta la pavimentazione del refettorio e delle
altre sale di collegamento è costituita da elementi in cotto, prodotti nel monastero. Nelle officine si lavora l’argento, l’avorio, lo smalto vitreo e il bronzo
(fonderie per le campane) ma soprattutto il vetro da utilizzarsi per le grandi vetrate e per piccoli oggetti. La cripta di Epifanio, abate dall’824 al 842, è
affrescata con immagini ispirate all’Apocalisse di San Giovanni. Nell’881 il monastero viene assaltato da parte di un gruppo di saraceni; soltanto dopo alcuni
decenni i monaci riusciranno a ricostruire edifici, officine, chiese e a ridare all’abbazia l’importanza che aveva avuto.