Spigolature araldiche:
Ferrante Consalvo d’Aghilar in uno stemma di Morrone del Sannio
Franco Valente
Ai piedi di una muraglia sulla quale una volta si appoggiava la parte esterna dell’antico castello di Morrone del Sannio, in uno scudo a testa di
cavallo di fattura quattro-cinquecentesca, sopravvive uno stemma con un campo attraversato da quattro fasce.
Segnalatomi da Peppino Storto, nulla si potrebbe capire se non ci venisse incontro una notizia che Giambattista Masciotta riferisce senza citare la fonte.
Il feudo di Morrone per lungo periodo seguì le stesse sorti di Civitacampomarano che, come è noto, da Alfonso d’Aragona nel 1442 fu assegnato a Paolo
di Sangro per ringraziarlo del passaggio al suo servizio dopo aver tradito le truppe angioine di Antonio Caldora durante la celebre battaglia di Sessano il 29 giugno 1442.
Morrone nel 1495 ancora apparteneva ai di Sangro che la possedevano attraverso Bernardino che, però, ne fu privato, come dice il Masciotta, “per
fellonia”.
Morrone e Castiglione, demanializzate, furono assegnate in feudo a Ferrante Consalvo di Cordova, detto il Gran Capitano.
Ferrante Consalvo d’Aghilar
Masciotta non cita la fonte di quella notizia, ma riporta pure una lunga descrizione delle qualità di Ferrante Consalvo d’Aghilar riprendendo da
Camillo Tutini che a sua volta attingeva all’Istoria d’Italia di Francesco Guicciardini:
“Uomo di valore ed esercitato lungamente nelle guerre di Granata venne spedito in Italia da Ferdinando il Cattolico in aiuto della monarchia aragonese, quando Carlo VIII con
inaudita celerità e fortuna aveva conquistata la corona di Napoli. Nella battaglia di Seminara, diretta da lui, quantunque i francesi non risultassero succombenti, risorsero le
sorti della monarchia. Il Re Ferrante II, riuscendo salvo. dalla mischia e fuggendo dal campo a scanso di peggio, potè tornare a Napoli il 7 luglio 1495 e cingere di bel nuovo il
regal diadema; mentre le truppe francesi, in completo disordine, andavano taglieggiando terre e castella del Reame non sapendo che fare per sostentarsi.
Ferrante II morì il 7 settembre 1496, e non avendo lasciato prole gli successe sul trono Federico I suo zio, fratello di Ferrante I.
Insidiato dai Francesi e da Ferdinando il Cattolico, Re Federico moriva prigioniero in Francia nel castello di Tours, nel 1504, dopo aver vista l’estrema irrimediabile rovina della
monarchia pur tanto gloriosa.
Consalvo tenne fronte ai Francesi sino al 1503: epoca in cui, insignoritosi di Napoli, vi stabilì la dominazione spagnuola. Ferdinando il
Cattolico lo nominò Vicerè, ed in questo supremo ufficio durò insino al 1507. In tale anno il Re Cattolico venne a Napoli col pretesto di visitare i nuovi dominii, e partendone per
far ritorno in Spagna, lo condusse seco. Consalvo era troppo grande: gli dava sospetto ed ombra.
Giunti in patria, il Re lo congedò bruscamente, facendogli intendere che non venisse in corte, ma andasse alle sue terre, nè si partisse se non
venisse da lui chiamato; il perchè non si videro mai più mentre vissero, nè uscì mai dai reami di Spagna, nè ebbe « più facoltà di esercitare la sua virtù, perchè da poi non fu
adoperato nè in guerra, nè mai in cose memorabili di pace; onde si narra che soleva dire, di tre cose pentirsi: la prima aver mancato di fede a D. Ferdinando Duca di Calabria
figliuolo del Re Federico: la seconda non avere osservata la fede al duca V alentino: la terza non poterla dire, giudicando si che fosse di non avere, per la gran benevolenza dei
nobili e dei popoli verso di lui, consentito di farsi gridare re di Napoli”.
La descrizione non ci aiuta a capire quali siano state le iniziative di Ferrante Consalvo per il castello di Morrone, ma l’ulteriore precisazione di
Masciotta secondo cui il suo blasone è costituito da quattro fasce vermiglie in campo di oro in qualche modo ci aiuta a capire che lo stemma di cui stiamo parlando debba
riferirsi proprio a questo momento particolare della storia feudale di Morrone.
Dunque questa pietra oggi dimenticata da tutti è la testimonianza che il potente, seppur caduto nell’oblio, Ferrante Consalvo d’Aghilar sia
intervenuto in Morrone per un qualche lavoro di trasformazione del castello di cui non siamo in grado di comprendere l’entità.
La forma della pietra fa escludere che si trattasse di un architrave di portale o di un concio di chiave di un arco. E’ probabile che facesse parte di
un cantonale di un muro la cui funzione non è più possibile capire per le sostanziali trasformazioni della fortificazione e dell’assetto urbano nei secoli seguenti.
Certo è che questa sconosciuta ed abbandonata pietra ricorda un frammento di storia morronese che altrimenti sarebbe stata del tutto cancellata per
l’assenza (almeno per me) di documenti cartacei.