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dell’ottava santa visita fatta dall’illustrissimo e reverendissimo vescovo
di Larino Mons. Giovanni Andrea Tria.
Anno 1734 il giorno 30 novembre.
L’illustrissimo don Giovanni Andrea Tria, vescovo
di Larino, nonché barone d’Aurora Ururi, dopo aver terminato la visita
a Ripabottoni (lì dopo aver letto l’itinerario davanti al palazzo baronale
esortò il popolo e il clero a proseguire i lavori della chiesa matrice)
si diresse verso Morrone, dove giunse verso la ventiduesima ora (16)
accolto dal suono delle campane. Davanti alla porta del paese ad aspettarlo
c’erano l’arciprete, il clero e la popolazione. Recatosi in chiesa e
dopo aver recitato le preghiere di rito, fu condotto a casa del sig.
Filippo Mastrandrea.
1° dicembre 1734
Di
mattina presto, si recò nella chiesa matrice (Santa Maria Maggiore)
in forma privata, la visitò vestito con l’abito più corto e recitò le
preghiere per la liberazione delle anime dei morti.
Comincia così la descrizione di tutto quello che
vi era nella chiesa.
DEL SACRAMENTO DELL’EUCARISTIA.
Si conserva nel proprio tabernacolo, con la sua porticina
di rame cupreo dorato alla tedesca (così detto), vi sono due pissidi
di argento con le coppe.
IL BATTISTERO.
E’
posto alla fine della navata centrale all’ingresso della porta della
chiesa che dà su una piccola, ma decente piana, e vi si entra per due
gradini di pietra. Il fonte è collocato su una colonna di pietra. Il
ciborio è di legno di noce intagliato, in esso vi è tutto il necessario
per l’amministrazione del battesimo.
DEGLI OLI SANTI.
Gli oli santi si conservano in un buon armadio scavato
nel pilastro del lato della epistole dell’altare maggiore, nel quale
si conservano varie sacre reliquie, chiuse in una capsula d’avorio,
legata con un filo di seta rosso con il sigillo di mons. Carlo Maria
Pianeta, già vescovo di Larino, impresso in cera rossa ispanica. Il
vescovo dopo averle esaminate le ricollocò di nuovo nella capsula, le
chiuse con il proprio sigillo e per tradizione si tramandano che esse
furono lì trasportate dal monastero soppresso di San Roberto dell’ordine
dei Celestiniani. Segue l’elenco delle reliquie:
Di
S. Mauro abate, S. Giacomo minore, santa Maria Maddalena, Santa Margherita
vergine e martire, S. Mercurio martire, S. Benedetto abate, Santa Agata
vergine e martire, S. Lazzaro vescovo, S. Vincenzo martire, S. Placido
martire, Santa Caterina vergine e martire, delle tuniche e del bastone
di San Celestino, di un San Crisanto e Santa Doria vergine e martire.
Il vescovo ordinò che si facessero due reliquiari
dell’altezza di due palmi e mezzo (66 cm) per collocarvi in esse le
sacre reliquie e quelle del glorioso San Lazzaro.
DELLE SEDIE CONFESSIONALI.
Ve ne sono quattro, di buona fattura, collocate nella
chiesa.
DELLE SEPOLTURE.
In questa chiesa vi sono diverse sepolture, sia private
che comuni, oltre quelle degli ecclesiastici, già per un precedente
ordine ridotte alle forme indicate dai sacri canoni.
DEL CIMITERO.
E’ posto dietro il coro, ma non delle forme dovute,
si tollera per le troppe spese necessarie per i lavori di tutta la chiesa.
DEL CAMPANILE.
E’
posto a capo della navata laterale del lato delle epistole dell’altare
maggiore dal lato del coro. Vi sono tre campane e una di gran peso,
tutte benedette a cura del vescovo, già nel 1730. Il vescovo ordinò
che si proseguisse e si desse termine alla fabbrica del campanile.
L’ALTARE MAGGIORE.
Detto altare è di marmo intarsiato e costruito con
arte nel 1730 porta le insegne del vescovo. E’ posto sotto l’arco maggiore
dedicato a Santa Maria Maggiore e Santa Maria ad Nives la cui festa
si celebra ogni anno il 5 agosto. Fu consacrato insieme alla chiesa
nel 1730. L’altare è identico a quello del convento di San Nazzario.
ALTARE DI SAN MODESTO.
E’ il primo altare posto nella navata laterale del
lato del vangelo dello altare maggiore. E’ eretto in onore di San Modesto
martire patrono principale dello stesso paese, la cui festa si celebra
il 2 ottobre. In esso vi è eretta la confraternita sotto lo stesso titolo
con l’uso del sacco bianco senza mozzetta. L’amministrazione dei beni
è tenuta da un procuratore particolare che ne autorizza le spese. Ha
oneri di messa, è di stile alla romana.
ALTARE DI SAN GIUSEPPE.
Segue l’altare precedente nella stessa navata similmente
di stile alla romana. E’ retto da un proprio procuratore.
ALTARE DI SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI.
Questo altare segue nella chiesa la navata laterale.
E’ retto da un proprio procuratore, la sua festa si celebra la seconda
domenica dopo la Pentecoste.
ALTARE DI SANT' ANTONIO DI PADOVA.
Questo altare è costruito come gli altri ma è il
primo nell’altra navata dello epistole dell’altare maggiore. E’ retto
da un proprio procuratore. Ritrovandosi senza procuratore, si destina
a tale effetto il reverendo don Giuseppe Faccenda con facoltà di andare
questuando in beneficio di detto altare una volta a settimana, cioè
il venerdì.
DELL’ALTARE DEL SS. MO ROSARIO.
Questo altare è il successivo nella stessa navata,
è retto da un suo procuratore. Vi è eretta la confraternita di uomini
e donne con molti oneri di messa. Gli iscritti e le iscritte si riuniscono
ogni giorno festivo di precetto per gli esercizi spirituali, sotto la
direzione del Padre spirituale nella chiesa di San Giacomo, ma essendo
questa quasi inabitabile, per supplica di don Giovanni Mastrandrea,
a nome proprio e di tutti gli iscritti il vescovo ordinò: che i fratelli
e le sorelle della congregazione del SS.MO rosario essendo l’angustia
e l’umidità di San Giacomo, che si era resa quasi inabitabile, potevano
convenire nella chiesa matrice e davanti all’altare del SS.MO Rosario
per le loro funzioni spirituali che vogliono fare nei giorni di precetto
avvertano che non sia di impedimento al reverendo clero.
DELL’ALTARE DI SANTA MARIA DELLE
GRAZIE.
Segue nella stessa navata questo altare costruito
sullo stile degli altri. E’ di patronato della famiglia Del Vecchio
a spese della quale se ne celebra la festa il 2 agosto di ogni anno.
Nello stesso altare per sua icone vi è l’immagina delle anime del purgatorio
in suffragio delle quali con le elemosine raccolte il lunedì nelle chiese
parrocchiali della diocesi si celebra la messa. Il vescovo ordinò che
si vada elemosinando ogni giorno festivo per le anime del purgatorio,
con l’elemosina, si faccia il lunedì un funerale in suffragio delle
anime del purgatorio e quelle avanzando, si conservano per farsi un
capitale et a tale effetto si destina procuratore mastro Leonardo Mastromonaco
con tutte le facoltà necessarie et opportune e specialmente quelle di
questuare, con che debba darne conto ad essa curia vescovile.
DELL’ALTERE DI SAN NICOLA (Vescovo di Mira.)
Questo è l’ultimo altare della stessa navata eretto
come i precedenti. E’ di patronato della famiglia del Vecchio, al momento
affidato a Domenico Antonio del Vecchio, così pure i suoi beni.
DEL CORO.
E’ posto dietro l’altare maggiore tra il sacrario
e il campanile. Vi sono ventidue sedie corali, o stalli, con avanti
sedili e genuflessori nel mezzo vi è la sedia vescovile con proprio
trono e genuflessori. Il coro è provvisto di tutto, vale a dire di libri
corali, martirologio (vita dei Santi) e del direttorio del coro con
leggio di noce.
DEL SACRARIO.
E’ posto accanto al coro ed è a capo della navata
centrale del lato del vangelo dell’altare centrale.
DELLA CHIESA IN GENERALE.
Questa chiesa antica di struttura gotica eretta in
onore di Santa Maria Maggiore è a tre navate. Poiché era piuttosto angusta
e le tre navate difforme ne minacciavano di rovinarla, nel 1718 per
supplica del reverendo don Nicola Simonelli di Casacalenda, arciprete
della stessa diocesi, al tempo che era vescovo di Larino mon. Carlo
Maria Pianetta, la chiesa fu demolita e nel mese di marzo fu dato inizio
alla nuova fabbrica con la posa della prima pietra benedetta dallo stesso
arciprete, sia con i proventi propri della chiesa sia per il concorso
del popolo. E’ una chiesa a tre navate di ordine toscano (come lo chiamano)
finita nel 1730, quando fu eretto anche l’altare maggiore di marmo e
tutti gli altri altari già indicati dello stesso stile e con icone di
ottima qualità dello stesso pittore e successivamente provviste di tutto
l’altro necessario, cioè del pulpito di noce, del trono vescovile con
la sua sedia posta dirimpetto al pulpito, sul pilastro inferiore dell’arco,
consacrato insieme con la chiesa come si legge nell’iscrizione al primo
pilastro dell’ingresso della chiesa a destra con le seguenti parole:
D. O. M. TEMPLUM HOC EIUSQUE ALTARE NUPER FUNDITUS
CONSTRUCTUM SANCTE MARIE MAIORI DICATUM IOANNES ANDREA TRIA EPISCOPUS
LARINEN SOLEMNI POMPA, ET RITU E SACRO REDDIDIT SACRATISSIMUM DIE XXIX
OCTOBRIS MDCCXXX (1730) TRANSLATO EJUS FESTO AD DIEM XX OCTOBRIS CUM
SUA OCTAVA.
Si è trascritta l’iscrizione perché essa non è incisa,
ma solo scritta con l’inchiostro su pilastro per mantenere la memoria
nel tempo della consacrazione della chiesa. Il vescovo ordinò: che in
una lapide di marmo di palmi tre di altezza e due di lunghezza si incidano
le parole
che
portano la memoria della consacrazione della chiesa e dell’altare e
della celebrazione della festa. Essendosi terminato ultimamente il piede
dell’organo sopra la porta di essa chiesa con la sua bussola di legno
si dipinga colore verde antico. Che terminata la spesa della fabbrica
del campanile si cambi l’organo vecchio con un altro nuovo.
DEL REVERENDO CLERO.
Rev. Don Nicola Simonelli arciprete,
Ven. don Filippo Mastrandrea,
Ven. don Giovanni Mastrandrea,
Ven. don Giuseppe Facenda,
Ven. don Francesco Colasurdo,
Clerico Domenico de Antonello,
Clerico Giorgio Saltarelli,
Sch. Nicola Colasurdo,
Sch. Leonardo de Antonello,
Sch. Giuseppe di Iorio.
DELLA CHIESA DI SAN GIACOMO APOSTOLO.
E’
anch’essa su una piana lungo la strada che porta alla chiesa madre.
Costruita ad una sola navata, piuttosto angusta. In essa furono amministrati
i sacramenti e conservate le cose sacramentali ai tempi della costruzione
della nuova chiesa madre. Le sue rendite sono unite a quelle della mensa
arcipretale così pure oneri e beni. La sua festa si celebra a spese
dell’arciprete. L’edificio non è pericolante, ma dell’umidità è necessario
che si dia riparo. Il vescovo diede ordine che si dia riparo alla umidità
della chiesa resa questa inabitabile a cagion di questa.
DELLA CHIESA DI SAN ROBERTO.
E’
costruita fuori dell’abitato e propriamente sotto Morrone verso Ripabottoni
in località "le Schiavone". E’ ad una sola navata abbastanza spaziosa
e fu del
monastero di San Pietro Celestino, del quale si vedono insigne vestigi
vicino alla stessa chiesa. Il monastero fu in vigore della costituzione
di Innocenzo X ed, al presente, è grancia del Venerabile priorato di
questo ordine in "Oppidi Cellis Nisij" (Guglionesi) appartenente alla
diocesi di Termoli. Da poco due statue lignee da lì furono trasferite
ed accomodate e indorate nella chiesa matrice, cioè la statua della
beatissima Maria Vergine di Monte Carmelo e la statua di San Pietro
Celestino della quale si conserva una reliquia del Santo con l’indoratura.
E essendo la chiesa quasi inagibile il vescovo ordinò:
Che le finestre o sia spiracoli si provvedano delle
loro vetrate colle rette. Che si volti e rivolti tutto il tetto di detta
chiesa come pure che si scustri et incustri imbiancarsi il muro laterale
a cornu epistole dello altare di detta chiesa.
Che dalla parte di fuori di detta chiesa verso il
giardino si arricci e si dia riparo che l’acqua abbi il suo cammino
nella colata di esso. Che si abbatti la "cona" (abbellimento altare)
che sta cadendo sopra l’altare maggiore e che si formi un altro altare,
abbattendosi il primo (alla romana) di stucco. Che si provveda di una
paranza di candelieri, fiaschi, giare, carte di gloria lavabo, croce
e crocifisso tutto di legno dorato. Che si chiuda il cappellone che
stava a cornu Evangeli, restando per uso di abitazione per l’eremita.
Che si conservi la statua di San Pietro Celestino sopra la chiesa madre,
ove al passato si trova portandosi in processione ad essa chiesa di
San Roberto il giorno del 19 maggio festa che si celebra ogni anno in
onore di San Pietro Celestino e che dopo solennizzata la messa in quella
si ritorni in processione in detta chiesa madre. Alla chiesa sono ammessi
oneri di messa. San Pietro Celestino è il "Compatrono" di detta terra
di Morrone.
DEI CASALI E DELLE CHIESE DIRUTE.
Casalpiano,
detto anche casale della Madonna è propriamente quella in cui è la già
detta chiesa di S. Maria di Casalpiano, della quale non si conosce l’epoca
della distruzione, tuttavia se ne vedono insigne vestigi oltre a quelle
del monastero dell’ordine di S. Benedetto che era vicino a questa chiesa,
casale di Santa Margherita era nella stessa zona di Casalpiano lungo
la strada che va a Castellino distante circa trecento passi dal paese.
Ancora esiste la costruzione, da circa 15 anni è scoperta, e non rimangono
segni delle abitazioni essendo il territorio ridotto a coltura e redditizio
per il clero, gli abitanti di questo luogo per i sacramenti ricorrevano
a Santa Maria Casalpiano. Casale di San Benedetto, era nella stessa
zona di Casalpiano lungo la strada che porta a Castellino distante un
miglio dal paese.
Casale di Santa Giusta, anche esso nella zona di
Casalpiano sulla strada del Regio Tratturo per Castellino, distante
circa un miglio dal paese c’è la costruzione della chiesa, si vedono
i ruderi delle abitazioni. Casale "Castelionis", si trovava nella parte
meridionale del paese, distante più di tre miglia c’è la chiesa con
le sepolture ed è di spettanza feudale del barone di Morrone si vedono
anche resti di abitazioni. Casale di San Giovanni delli Rossi, nella
parte meridionale del paese verso Ripabottoni, vicino al quale si trova
distante da Morrone circa un miglio e mezzo. La sua chiesa è abbaziale
le sue rendite sono annesse a quelle del seminario di Larino. C’è la
costruzione profanata della chiesa e molti resti delle abitazioni, il
posto è indicato dalla gente come il più conosciuto "Torrione" vi sono
intorno estesi terreni che si vogliono includere nel territorio di Ripabottoni.
Non si fa menzione dei sopraddetti sei casali né nella sentenza dell’Arcivescovo
di Benevento Camillo Lombardi, né nella bolla di Papa Lucio III ed Innocenzo
IV nelle quali sono elencati tutti i luoghi della diocesi, per cui forse
non sono molto antichi.
2 Dicembre 1734.
Fattosi giorno e predisposto tutto per l’amministrazione
della cresima il vescovo si porta nella chiesa madre e li giunto amministrò
il Sacramento mentre il procuratore (visitatore) continuò la visita.
DELLO OSPEDALE.
Si trova per sollievo del pellegrino e dei poveri
alla porta di S. Angelo e consiste in due stanze, una superiore e l’altra
inferiore. Ha un suo ospedaliere, bisognevole di più cose, il vescovo
pertanto ordinò: che porta della stanza da basso si provveda di chiave
e mascatura di ferro nuova che dovrà conservarsi dallo ospedaliere il
quale dovrà vigilare che tenga l’ospedale pulito, che la cataratta si
provveda di una porta nuova, che nella stanza di sopra si faccia il
focolare e il suo camino tutto di fabbrica nuova, che si ripari la copertura
sotto tetto, della stanza di sopra si intonachi e si imbianchi in tutta
detta stanza e che si provveda di una lettiera di tavole larghe almeno
per il comodo di tre o quattro persone bene inchiodate come pure di
un pagliaccio (materasso) secondo la capacità del detto tavolato.
DELLA OSTETRICA.
Si chiama Giavanna del Pinto, ha circa 80 anni, interrogata
sull’amministrazione del battesimo in caso di necessità. Ha risposto
correttamente.
PER IL POPOLO.
Avendo sperimentato e con i propri occhi osservato
che alcune donne in tempo del lutto si pongono al limitare (ingresso)
della porta della chiesa per ascoltare la Santa Messa per non essere
in faccia alla sepoltura di essa con varie e diverse fantastiche supposizioni
e pessime credenze, per togliere questo uso si ordina al reverendo arciprete
e clero di scacciare totalmente le medesime dal limitare suddetto della
porta, quando non vogliono entrare in essa chiesa.
DEL PAESE DI MORRONE.
Tra Grimaldo e Ripa nella sentenza del Cardinale
Lombardi e tra Monticello e San Giovanni de’ Russis, sia nella bolla
di Lucio III sia quella di Vincenzo IV si legge Morrone e nella cronaca
cassinense nell’edizione per i tipi di Angelo de Nuci Lib. 2 cap. 54
num. 263 è chiamata città di Morrone, penso per errore. Ha un territorio
esteso, il celebre monastero di santa Maria in Casalpiano dell'ordine
di San Benedetto e l’altro dei Celestiniani. Sul monte ad ogni lato
è circondato da mura, tra Ripa e Provvidenti è stato posseduto dalla
illustre famiglia Ceva Grimaldi duchi di Telese, oggi dalla illustre
famiglia De Sangro duchi di Casacalenda. Pose fine alla Santa visita
del paese e affidò l’esecuzione dei decreti emanati al vicario foraneo.
Foglio istruttivo per l’ottava santa visita che fa
mons. Illustrissimo TRIA, vescovo di Larino, in questa mia chiesa arcipetrale
di Morrone in questo anno 1734.
Stato delle anime:
di comunione n. 890,
di confessione n. 350,
confirmando n. 102,
infanti n. 157,
in tutto n. 1499,
famiglie n. 255.
DEL CLERO.
Si compone questo clero del proprio arciprete, quattro
sacerdoti, un diacono e due subdiaconi, come dal sinodo in stampa del
1728 di detto illustre prelato part. 5 cap. 20, però non sono sufficienti
per il sevizio della chiesa e del popolo et è necessario almeno un altro
sacerdote forestiero confessore, ben che le porzioni siano divise per
essere pingui, con tutto ciò mancano i soggetti, come che in questa
terra non molto inchinano, quantunque io stia usando tutte le diligenze
per rinnovarle e quasi per forza et a miei ……. Si sono fatti alcuni
chierici, et il numero di tutto il clero dato al detto cancelliere in
foglio separato.
DE CONFESSORI.
Don Nicola Simonelli arciprete, don Filippo Mastrandrea,
don Giovanni Mastrandrea, don Giuseppe Faccenda per gli uomini, m.p.f.
Angelo da Manfredonia ex …………….
Degli Osservanti, m. p. f. Bernardo da Ischitella
degli Osservanti.
DELLA CHIESA MATRIA.
Questa chiesa fu fatta ultimamente e con diligenza,
attenzione e carità è stata provveduta a meraviglia in tutto che, per
curiosità vengono i forestieri a vederla e non vi manca cosa alcuna,
che sia necessaria per qualsiasi chiesa non solo parrocchiale, che collegiata
sol che doversi terminare il gran campanile sollecitare l’organo da
Napoli e pensarsi ad indorarsi il piede di esso, e si prega sua signoria
illustrissima che dovete provvedimenti a ciò sia tutta compiuta.
DELLE SACRE RELIQUIE.
Qui abbiamo delle reliquie, ma è necessario che si
provvedono di migliorare i reliquari e molte altre cose che riconoscerà
l’Illustrissimo visitatore dall’oculare ispezione di esse.
DELLE CHIESE E CAPPELLE.
Molte sono le chiese, altari e cappelle in questa
terra, tanto nell’abitato che fuori di esso, ed altre esistenti et altre
dirute, e di tutte queste se ne do foglio separato.
DEI MONASTERI .
Dei Monasteri esistenti abbiamo quello degli Osservanti,
posto sotto la terra, lontano dalla medesima di circa un miglio, numeroso
di religiosi e sono:
padre Angelo da Manfredonia definitore,
padre Bartolomeo da Manfredonia, guardiano,
padre Alessandro di Casacalenda, vicario,
padre Berardino da Ischitella,
padre Giavan battista da Foggia,
padre Bonaventura da Morrone,
padre Paolo di Pietra Roina,
frate Pasquale da Celenza,
frate Francesco di Baranello,
frate Giuseppe di Baranello,
Salvatore di Campodipietra, Terziario professo, Paolo di Cagnano terziario
professo.
MONASTERI SOPPRESSI.
Monastero di Santa Maria di Casalpiano, fu dei Padri
Benedettini, oggi è soppresso e si possiede in abbadia e con molte grancie
da Monsignor illustrissimo Puoti, fu vicario generale di questa diocesi,
oggi vescovo di Marsico, e questo sta posta sotto detto convento degli
osservanti, tiene la sua chiesa rifatta ultimamente dalla beata memoria
di Monsignor Pianetti, fu vescovo di Larino abate antecessore. Monastero
dei Padri Celestiniani, fu soppresso alla soppressione generale dei
piccoli conventi, tiene la sua chiesa sotto il titolo di San Roberto,
sta posto da mezzogiorno in lontananza di circa mezzo miglio dalla terra,
grancia dei Celestini di Guglionesi.
BADIE SOPPRESSE.
Questa terra da Leone Ostiense, lib. 2 cap. 54, viene
chiamata città e vi sono altre badie, specialmente la badia di San Giovanni
delli rossi et è unita al sacro seminario e la sua chiesa è distrutta.
L’Abbadia di San Giacomo unita alla arcipretura.
DE PESI DI MESSE.
Questa chiesa matrice e suo clero tiene molte pesi
di messe tanto dentro che fuori di essa, ed in tutto fra messe piana
e messe cantate, compreso le messe quotidiane che se deve pro popolo,
sono millecinquecentotrentotto.
DELLE PROCESSIONI.
In ogni terza domenica di ciascun mese si fa la processione
del Venerabile intorno alla chiesa dalla porta di dentro. Nella festa
di San Marco, 25 aprile si fa la processione e si va dalla chiesa diruta
di detto santo pochi passi sotto alla chiesa della Maddalena. Nella
domenica delle Palme si va alla Croce nelle rogazioni ne modi soliti
e stabiliti nella solennità del Corpus Domini si gira per tutto l’abitato.
Nella festività del SS.mo Rosario tantum per tutto l’abitato si porta
la statua. Il 19 maggio, giorno di San Pietro Celestino si va alla chiesa
di San Roberto con vedersi la sacra reliquia e bastone di detto San
Pietro Celestino. In ogni venerdì di marzo per tutto l’abitato col crocifisso
e senza cotta, per il giorno dell’ascensione del signore si va per tutto
l’abitato e poi si esce dalla porta S. Angelo e si gira per inforzi
dell’oriente e si rientra dalla porta castello. Tutte queste sono le
processioni che si fanno in ogni anno in questa terra.
PROCURE.
Vari sono i procuratori amministrativi di chiese
e luoghi pii di questa terra che si eleggono dalla curia e sono procuratori
della chiesa che chiamano quartulario.
procuratore della cappella di San Modesto,
procuratore del SS. mo Rosario,
procuratore di Santa Maria di Costantinopoli
procuratore della cappella di San Giuseppe,
procuratore dello spedale.
DE DOTTORI IN LEGGE.
Dottor marco del Vecchio, Francesco Antonio del Vecchio
suo nipote, Vincenzo Mastrandrea e suo figlio.
DOTTORI IN MEDICINA.
Antonio Tozzi, Giuseppe Colasurdo.
Notai non ve ne sono.
CHIRURGHI.
Domenico Marchitto e Giovanni Fasano.
OSTETRICHE.
Giovanna del Pinto.
SPEDALE.
Lo spedale per uso dei poveri e peregrini sta posto
alla porta di S. Angelo, che chiamano et ha bisogno di molti accomodi,
come V. S. Illustrissima Monsignore riconoscerà coll’oculare impressione.
DELLE RELIGIONI.
Qua la gente ben che montanari e ben accostumata
e molti abusi e corruttele, residui dal gentilissimo sono ….. col sinodo
suddetto, per l’osservanza del quale ha vigilato e grazie al Signore
non abbiamo pubblici scomunicati, né usurai, né bestemmiatori e due
soli concubinati col pretesto de sponsali già contratti che stanno oggettando
la dispensa per essere parenti e sono ben noti alla Curia, che è quanto.
Don Nicolò Simonelli, Arciprete.