Itinerari di ricerca.
empre
più intensa risulta negli ultimi anni l' attività di promozione culturale
degli archivi parrocchiali. Sempre più vasta è infatti l' area delle persone
che mostrano interesse ad avere accesso alla memoria documentaria e più
frequenti sono le domande, avanzate a livello locale dalle istituzioni
politiche e culturali, di divulgare l' importanza delle fonti ecclesiastiche.
Non essendo l' archivio parrocchiale di S. Maria
Maggiore ancora riordinato, non è possibile, al momento, tentare di ricostruire
organicamente le vicende storico-istituzionali della parrocchia. L' orientamento
dato alla ricerca, pertanto, è stato quello di fornire elementi utili
alla conoscenza delle tipologie documentarie che formano l' archivio parrocchiale,
col porne in risalto l' interesse in relazione ai vari campi di ricerca
percorribili, siano essi di ordine giuridico-istituzionale, o più prettamente
religioso, o di carattere economico-patrimoniale, o di natura demografica.
Anche per questo archivio il fulcro della documentazione
conservata è rappresentato dai registri parrocchiali dei battesimi, matrimoni,
morti e dai libri degli stati delle anime.
Sull' importanza e sulla tipologia di questi documenti,
che costituiscono la fonte privilegiata per lo studio della demografia
storica. molto è già stato scritto. Nelle linee generali si dirà che essi
consentono di studiare la struttura della popolazione (stati d' anime),
ed il movimento naturale della stessa registrazioni dei battesimi, matrimoni,
morti), la struttura socio-economica. la struttura familiare, i flussi
migratori, la toponomastica antica del paese.
Volendo solo accennare all' importanza rappresentata
dal registri dei battesimi nel campo degli studi genealogici, è utile
ricordare che in Italia, nel periodo anteriore all' istituzione
dello stato civile, che è di impianto napoleonico, essi costituiscono
l' unica registrazione continuativa dei nati. L' obbligatorietà della
loro compilazione, insieme a quella dei registri dei matrimoni. è stata
imposta nel 1563 dal Concilio di Trento.
Nell' archivio parrocchiale di Morrone i registri dei
battesimi si conservano a partire dall' anno 1616. Dalla data d' inizio
delle registrazioni. fino all' anno 1728,
la lingua usata è la latina, successivamente quella
italiana. Tutti i registri sono corredati da un indice alfabetico e presentano
segni di cartulazione, apposti quasi certamente in epoche coeve alla loro
compilazione. Dall' anno 1818, accanto alle registrazioni, si nota una
numerazione progressiva che si rinnova periodicamente all' inizio di ogni
singola annata. Questo elemento, non riscontrato uniformemente nei registri
parrocchiali della diocesi, va ritenuto probante nella formulazione dell'
ipotesi che, nell' ambito territoriale, era maggiormente avvertita l'
esigenza di compilazioni statistiche a verifica del calo o della crescita
della natalità. Non bisogna dimenticare, infatti, che in periodo napoleonico,
a partire dalla fine del 1807, le registrazioni civili e quelle ecclesiastiche
cominciarono a coesistere parallelamente e che l' autorità civile
Vigilava sulla tenuta dei libri parrocchiali, la
cui redazione e completezza costituiva la prima garanzia di un corretto
impianto dello stato civile.
Altri
suggerimenti per la ricerca, da esperire, ad esempio, nel campo devozionale,
possono essere forniti dalla ricorrenza del nome imposto al battezzando
: la frequenza dell' attribuzione può costituire l' indizio della devozione
sentita e delle pratiche di culto esercitate da parte della comunità.
Inoltre i registri dei battesimi diventano fonte di ricerca preziosa anche
nella ricostruzione della serie dei parroci succedutisi nella cura delle
anime della parrocchia. Infatti dalla loro forma redazionale, mutevole
nel tempo fino a diventare via via meno generica, è possibile rilevare,
a cominciare dalla seconda metà del secolo XVI, dati relativi non solo
alla paternità e maternità del battezzando, ma anche all' identità e qualifica
canonica del sacerdote officiante.
Altri campi d' indagine validi e di elevato significato
sociale sono esplorabili nei registri dei matrimoni, documentati nell'
archivio parrocchiale di Morrone dall' anno 1632, senza soluzione di continuità,
ad eccezione della lacuna registrata per il periodo 1664-1685. Anche per
queste registrazioni, che sono corredate dall' indice alfabetico a partire
dall' anno 1693, la lingua inizialmente usata è quella latina, attestata
fino al 1752 (più di un ventennio rispetto ai battesimi), successivamente
l' italiana. In analogia a quanto si verifica nelle certificazioni dei
battesimi, le registrazioni dei matrimoni sono numerate progressivamente
per ogni singola annata, a cominciare dall' anno 1818.
Tre sono gli atti importanti che precedono la celebrazione religiosa del
matrimonio : gli sponsali, le pubblicazioni e, esistendone i motivi, la
dispensa canonica. Nel nostro archivio parrocchiale se ne conservano gli
atti relativi, documentati in serie cronologica continua dal 1819 ai giorni
nostri. Il materiale delle dispense, con i dati relativi ai matrimoni
consanguinei, costituisce fonte utilissima per le analisi sulla «struttura,
evoluzione nel tempo ed effetti della consanguineità», come è stato già
dimostrato dalle risultanze della ricerca specifica condotta in Italia
in altri ambiti territoriali. Gli orientamenti specifici di questa indagine
hanno inoltre messo in luce il non trascurabile elemento che le certificazioni
dei matrimoni, con i dati dei matrimoni consanguinei, possono essere usati
per lo studio dei coefficienti di migrazione e di trasmissione culturale,
e che
Interessanti spunti sul comportamento sociale di
una data comunità possono emergere dal confronto tra la data degli sponsali
e quella della celebrazione del relativo matrimonio.
Questi campi di ricerca sono praticabili anche nella
documentazione del nostro archivio parrocchiale, che risulta ben conservata.
Una connotazione particolare è poi conferita all' archivio
dalla presenza, nelle certificazioni matrimoniali, di una serie nutrita
di atti recanti gli alberi genealogici dei "fidanzati", rigorosamente
ricostruiti fino alla quarta generazione.
Da notare è, inoltre, l' uso, riscontrato nella quasi
totalità dei casi esaminati, dell' apposizione del soprannome, aggiunto
dal parroco negli atti in cui ricostruisce gli alberi genealogici dei
contraenti il matrimonio, per evidenti scopi identificativi, nei casi
di omonimia per affinità parentale. Questa tipologia di certificazione
anagrafica, a Morrone perfettamente conservata, fornisce molteplici possibilità
di riscontri e si rivela fonte preziosa anche per tutte le possibili utilizzazioni,
nel campo degli studi sociologici e linguistici, di elementi lessicali
comunemente trasmessi solo come fonti orali.
L' originalità di alcuni soprannomi ci spinge a farne
citazione : «Pasta della Torre, loco del Cacio, Zoppo Fiorone, Paglia
di Fave, Cicata, Incassachiodi, Mincolongo, Bugitto, Cavallaro, Orecchiuto,
Cavarutto, Lucacchio, Priminterra, Malcervello, Rascione, Cervellone,
Cocchiarone, Squaglione, Carrafone, Cocciolillo, Cifello, Tormentone,
Capobanda, Capoarso, Cichetta, Ciafè, Cercola, Carolei, Catenaccio, Ferriello,
Spezzaferri, Fruscillo, Scarpariello, Barilaro, Paoliaio, Tamburelli,
Secchiaro, Massacalce, Boletta, Lucertola, Manomozza, Busciardo, Pellenera,
Porchitto, Plicozzo, Scappafiato, Sangue della mattina, Ziocchio, Moscia,
Dentice, Gerba, Tranantiello, Trapachiolo, Zirillo».
Ben conservati, tra gli atti matrimoniali, risultano
anche i contrahatur, le autorizzazioni a contrarre matrimonio, rilasciate
dai vescovi succedutisi nel ministero pastorale della diocesi di Larino,
a cominciare da Raffaele Lupoli.
Oltre a rivelarsi interessanti per lo studio del formulario
usato, variabile nel tempo come quello dei registri dei matrimoni, questi
documenti, poiché riportano impresso lo stemma vescovile, offrono ulteriori
elementi integrativi, utili per lo studio delle finalità pastorali dei
singoli vescovi, espresse attraverso l' allegoria della simbologia ecclesiastica.
In questa breve disamina dei libri parrocchiali,
per quanto attiene poi alla compilazione dei registri dei morti, è utile
ricordare che essa, insieme a quella degli stati d' anime, fu imposta
ai parroci nel 1614 dalla costituzione Apostolicae Sedis e che la normativa
che ne regolava la tenuta era sancita dal Rituale Romanum. Da studi specialistici
condotti nel settore in Italia, col mettere a confronto l' inizio delle
altre registrazioni, è emerso che la compilazione del libro dei morti
ha assunto una certa regolarità circa venti anni dopo quella dei battesimi
e dei matrimoni. Da un monitoraggio condotto sui libri parrocchiali dell'
intera diocesi è emerso lo stesso dato.
Nel caso specifico dell' archivio parrocchiale di Morrone,
il registro dei morti più antico, conservato, risale all' anno 1636 :
la sua compilazione risulta quindi posteriore di venti anni rispetto a
quella dei battesimi, di soli quattro rispetto a quella dei matrimoni.
Inoltre, all' analisi della datazione dell' intera serie, si riscontra
una lacuna per il periodo 1664-1687. La mancanza di continuità riscontrata
anche nelle registrazioni dei matrimoni per lo stesso ventennio (per la
precisione per gli anni 1664-1685), contrapposta alla presenza, per lo
stesso periodo, dei registri dei battesimi, costituisce l' indizio probante
di una sicura dispersione dei registri dei matrimoni e dei morti relativi
al periodo preso in esame. Anche per la registrazione dei morti la lingua
usata è la latina, attestata fino al 1707.
I registri, corredati da indici a partire dall' anno
1693, presentano dall' anno 1818 la stessa peculiarità della numerazione
progressiva annuale, registrata nelle annotazioni dei battesimi e dei
matrimoni. A voler fare un rapido cenno, infine, alla specificità di questi
registri, si ricorda che è già stato autorevolmente dimostrato che le
annotazioni delle cause di morte, col fornire informazioni sulla stagionalità
delle malattie, sulla loro incidenza in rapporto all' ambiente, sull'
andamento del tasso di mortalità, sulle percentuali di morti per fasce
di età, costituiscono fonti preziose per lo studio dei fattori e dei processi
dell' adattamento umano.
Il Rituale Romanum emanò norme dettagliate anche per
la compilazione dello stato delle anime. Esso consiste in un elenco nominativo
degli abitanti di una parrocchia, che il parroco compilava visitando,
casa per casa, con l' annotare, variabilmente nel tempo e spesso da luogo
a luogo, il nome, cognome ed età di ciascun membro della famiglia. Nati
con fini prevalentemente pastorali, con la funzione di controllo dell'
adempimento agli obblighi sacramentali da parte dei fedeli, gli stati
delle anime, come è stato efficacemente scritto da G. Di Taranto,
... rappresentano una fonte di inestimabile valore
[in quanto] riflettono le vicende storiche di origine economica, politica
ed accidentale (...) di una collettività.
La serie degli stati d' anime conservati nell' archivio
parrocchiale di Morrone è documentata dall' anno 1702 all' anno 1870,
con alcune soluzioni di continuità
Un loro complessivo esame consentirebbe di poter confermare
la grande importanza che, in generale, questa tipologia documentaria riveste,
già dallo stesso Di Taranto messa in luce con grande incisività nell'
affermazione che
... il quadro [da essi fornito è] un' immagine delle
condizioni storiche del tempo; nelle sue difformità territoriali e nelle
sue modificazioni ne riflette la diversità ed i mutamenti .
All' esame autoptico dei testi si riscontra che le
famiglie sono elencate secondo le case ospitanti, localizzate nel contesto
topografico della parrocchia, definito variabilmente «pago», «contrada»,
«quartiere», «vico». Le indicazioni riscontrabili negli stati d' anime
di Morrone, compilati fino all' anno 1742 con prevalenti scopi religiosi
e pastorali si ampliano, per l' intero periodo che si estende dall' anno
1749 fino all' anno 1809, con l' elencazione «di persone, sia cittadini
che forestieri, che vivono in affitto».
La citazione, insieme alla nota del numero totale degli
abitanti, distinti per sesso, costituisce un indizio non trascurabile
del fatto che, anche per i parroci di Morrone, la compilazione dei registri
rispondesse ad esplicite richieste di rilevamenti statistici voluti dall'
autorità civile. Infatti sappiamo che
Il problema del rilevamento della popolazione [era]
largamente sentito come problema conoscitivo-statistico dalla seconda
metà del secolo XVIII. Lo Stato ( ... ) non sempre disponeva degli strumenti
operativi adatti alle operazioni censuarie, così che in molti casi l'
autorità civile ha individuato la parrocchia come circoscrizione di
rilevamento dei dati di popolazione, ( ... ) usando, come documento
di base, l' impianto dello stato d' anime, compilato dai parroci.
Di conforto a questa tesi si rivela la lettura
degli statuti emanati per il clero di Morrone nell' anno 1830, con l'
offrirci validi riscontri nel capitolo in cui si definiscono gli adempimenti
di spettanza dell' arciprete. Oltre alla corretta compilazione dei libri
parrocchiali e del libro delle costituzioni sinodali, il parroco era tenuto
a formare annualmente lo stato della popolazione e ad attenersi scrupolosamente
a tutti gli adempimenti richiesti, col
... mandarne il sommario in ogni mese di marzo alla
Curia vescovile, come alla Sotto-Intendenza del Distretto di Larino,
giusta le ultime Sovrane disposizioni.
Ma tornando all' esame degli stati d' anime, altre
finalità di uso amministrativo e fiscale sono riscontrabili nelle elencazioni
delle «persone privilegiate, artisti e persone assenti» degli anni 1794-1795
; nelle annotazioni relative alle condizioni di salute, titoli di proprietario
e professioni dei componenti il nucleo familiare degli anni 1810, 1813,
1817 ; nelle annotazioni relative alla condizione civile ed età degli
anni 1842, 1848-1849, integrate, nell' anno 1851, dalla nota della professione
; nelle annotazioni relative, infine, alla condizione civile, titolo di
proprietà e professione degli anni dal 1853 al 1859, degli anni 1862,
1864, 1865 e degli anni dal 1867 al 1870, le quali tutte ci forniscono
il numero totale dei «possidenti, impiegati ad arte liberale, preti, frati,
monache, contadini, artieri e domestici, mendici».
Altri elementi utili per la formazione di un quadro
d' insieme nel campo della ricerca demografica sono individuabili nell'
elenco degli «individui vaganti» compilato nell' anno 1819, nella «tavola
alfabetica annuale dei cittadini e forestieri che vivono in affitto» delineata
negli anni 1824, 1828 e 1851, nella «tavola per serve, garzoni ed orfani
che non hanno domicilio fisso» dell' anno 1828, negli elenchi, infine,
delle «persone domiciliate in campagna», compilati dall' anno 1856 all'
anno 1870.
Testimonianze preziose, poi, al fine della precisa
individuazione in ambito locale e temporale di importanti ordini religiosi,
sono fornite dagli elenchi dei componenti il convento di S. Nazario, documentati
con rare soluzioni di continuità dall' anno 1710 all' anno 1859, e dagli
elenchi degli eremiti residenti nella chiesa rurale di S. Maria di Casalpiano,
in successione cronologica pressoché continua dall' anno 1715 all' anno
1870.
E' opportuna, a questo punto, una riflessione sul valore
dell' anagrafe ecclesiale della parrocchia di S. Maria Maggiore, che non
si riduce a una semplice certificazione, ma costituisce, con la rigorosità
della registrazione, materia di valutazione critica per gli studiosi nel
recupero della memoria storica della comunità ecclesiale e della società
civile della nostra regione.
Ma altre sono le testimonianze documentarie conservate
nell' archivio parrocchiale, che forniscono dati preziosi per lo studio
della presenza della Chiesa nella realtà locale.
L' attenta lettura degli statuti e degli editti, emanati
in periodi diversi per regolamentare la vita interna del clero, insieme
a quella delle visite pastorali e delle costituzioni sinodali, consente
indagini conoscitive sulla natura giuridica e istituzionale dell' Ente,
nonché approfondimenti in campi di ordine più strettamente religioso.
Le costituzioni sinodali emanate nel 1637 dal vescovo Persio Caracci
... trasferite dall’ originale latino in lingua volgare
per commodità dei Parochi et Cleri per publicarle al popolo...
costituiscono l' esemplare più antico conservato in
archivio di questa tipologia di documentazione, giunto fino ai tempi nostri
nella veste di cartulario. La lettura di questa fonte, comparata con quella
delle successive costituzioni sinodali, documentate fino all' anno 1940,
si rivela di primaria importanza per la comprensione, nei suoi molteplici
aspetti, del ruolo svolto dalla chiesa di S. Maria Maggiore in ambito
locale, dai rapporti del clero con la diocesi, a quelli del clero con
la comunità, alla pastoralità del vescovo.
Una esemplificazione di come alcune di queste fonti
siano utili per acquisire conoscenze specifiche sulla natura, funzioni
e finalità dell' Ente è fornita dalla lettura degli statuti.
Le testimonianze scritte di cui si dispone, che già
all' epoca della compilazione degli statuti emanati nell' anno 1729 non
consentivano, di stabilire con certezza
...per l' incuria e trascuraggine dei tempi andati
( ... ) non ritrovandosi nel nostro Archivio memoria alcuna o antica
scrittura ...
l' epoca dell' edificazione della chiesa di S. Maria
Maggiore, né quella della sua istituzione a parrocchia arcipretale, ci
tramandano memoria della sua probabile erezione in ricettizia, ad opera
del vescovo Vela, nell' anno 1596, anno in cui, istituito il clero, furono
destinati al servizio del coro, oltre l' arciprete, cinque porzionari
; facevano parte del clero altri quattro presbiteri, due diaconi ed un
suddiacono, che vivevano in massa comune .
Di certo nell' anno 1698 la chiesa di S. Maria Maggiore
doveva avere già formati i suoi piani e gli statuti. Lo testimoniano le
citazioni riscontrabili negli statuti emanati nell' anno 1830 dal vescovo
Vincenzo La Rocca:
Quantunque non si abbia memoria certa dell' origine
del titolo di questa Chiesa, rileviamo tuttavia dagli atti autentici
dei vescovi suffraganei della Chiesa Metropolitana di Benevento presentati
ai Concili Provinciali celebrati sotto del fu Cardinale Arcivescovo
Orsini poi Papa XIII, che in tali Concili furono formati già i Piani
e Statuti delle Chiese della Diocesi Beneventana in Regno e suffraganee
con ampio Reale assenso del Re Carlo II di Spagna ai 26 ottobre 1698
Il provvedimento di monsignor La Rocca, assunto in
osservanza delle sovrane disposizioni contenute nel Piano approvato da
Ferdinando I per tutte le chiese del Regno, apportò modifiche agli statuti
emanati precedentemente dal vescovo Giovanni Andrea Tria, durante la santa
visita del 6 dicembre 1729 ed osservati nel loro pieno vigore fino al
27 maggio 1830.
Da questa data gli articoli dei preesistenti statuti
furono ridotti al nuovo corpo dei diciassette articoli generali Il numero
dei canonici fu ridotto a sei partecipanti, oltre l' arciprete, tenuti
ad amministrare le rendite in massa comune, per mezzo di un procuratore
eletto fra i partecipanti del clero stesso. Successivamente il numero
dei preti a Morrone andò via via riducendosi.
La medesima fonte, col fornire dettagliate descrizioni
dei paramenti sacri ad uso del clero, si rivela preziosa anche per lo
studio della storia della liturgia. L' abito corale, che secondo il dettato
normativo del 1729 consisteva nella semplice pelliccia, o «cotta» ad uso
di tutti gli ecclesiastici e ad esclusione dell' arciprete, che poteva
insignirsi della "muzzetta di color paonazzo, foderata d' armosino cremisi
con cappuccetto e di sopra la muzzetta la stola», viene modificato nella
foggia nelle disposizioni statutarie dell' anno 1830, dove si legge
Il loro abito corale, oltre il continuo talare nero
( ... ), consiste nell' uso del rocchetto, o sia cotta con le maniche
lunghe più acconce, e nella mozzetta rossacea col giro di pelle bianca,
detta armellino, giusta la Bolla spedita dal vescovo Bandini munita
di Reale assenso dei 2 e 24 luglio 1801.
Ma a voler suggerire altri itinerari di ricerca, ci
sembra utile segnalare la presenza, negli statuti dell' anno 1729, di
alcuni elementi utili allo studio dell' esistenza, nel territorio molisano,
di alcuni istituti monastici quali il Convento di S. Roberto dei Celestini
e la Badia di S. Maria di Casalpiano, per la quale si precisa che fu in
passato Convento dei Padri Teotonici
L' una e l' altra corporazione vengono poste
«nel ristretto e jurisditione di Morrone» nel capitolo in cui si definiscono
i diritti di spettanza del clero. A scorrere il documento si ricava anche
l' informazione che nell' anno 1729 nella chiesa di S. Maria Maggiore
esistevano le Cappelle di S. Modesto, di S. Giuseppe, di S. Maria di Costantinopoli,
di S. Antonio di Padova nelle quali il clero, con la conferma della curia
vescovile, praticava lo jus di eleggere i procuratori nei rispettivi giorni
onomastici.
Di non minore interesse la testimonianza relativa alla
consuetudine, d' uso nell' università di Morrone come in molte altre della
nostra diocesi, di «pagare lo scommodo» di una somma annua di ducati «ai
porzionali del Clero per la Messa in Aurora».
Assai interessanti per indagini di storia economica
si rivelano ancora i dati inerenti al regime patrimoniale della chiesa,
riscontrabili nel passo in cui, nel definire i compiti di spettanza del
procuratore del clero, si fornisce, tra l' altro, una dettagliata descrizione
delle modalità di esazione delle decime prediali,
....le quali consistono in grana tantum, devono (
... ) intieramente esiggersi secondo l' antica inveterata giammai introdotta,
né mai contraddetta costumanza di questa Terra, la quale è la seguente
: In questa Terra di Morrone si paga la decima, parte per raggione d'
animali cioè chi possiede Bovi e Vacche aratorie, parte per ragione
di chi semina con la zappa e Bovi in affitto e parte per ragione di
Personali che non seminano. Con distinzione però, che li Massari, che
seminano con li Bovi e Vacche aratorie pagano di grano solamente tommola
cinque e mezzo per para di Bovi e la metà per para di Vacche per la
detta decima. Li bracciali che seminano con le zappe o con Bovi in affitto,
pagano assoluto la decima del grano, e non di altra vittovaglia alla
ragione d' ogni dieci uno. Li personali che non seminano, pagano un
carlino per ciascheduno. Questi sono quelli che seminano nel distretto
della terra di Morrone. Quelli che seminano fuor del distretto della
Terra di Morrone pagano d' ogni venti uno. Li forastieri che vengono
a seminare dentro il distretto di detta terra di Morrone, pagano ancora
alla ragione d' ogni venti uno. Tutte le decime devono in unistesso
fundaco restringersi...
Alla minuziosa descrizìone degli obblighi imposti al
procuratore per la raccolta delle decime e alla particolareggiata elencazione
delle somme da dividersi, si aggiungono altri elementi che si rivelano
essenziali per lo studio dei problemi di amministrazione locale dell'
università di Morrone, relativamente alla compilazione annuale dei catasti
che il «Regimento dell' Università» doveva compilare annualmente nel mese
di giugno :
... La principal Cura delli Nostri Procuratori, consiste
nell' assistenza e vigilanza de' Bovi e Vacche Aratorie, che deve il
Regimento di questa Terra consignare Nota autentica, nel dì della Circoncisione
del Signore a detti Procuratori di tutti li Bovì e Vacche aratorie conforme
stanno registrati nel Catasto che annualmente si fa da detto Regimento,
e formare alla fine del Mese di Giugno Nota distinta di tutti li bracciali
Cittadini e Forastieri che seminano nel distretto di questa Terra di
Morrone, come pure la Nota di tutti quelli che non seminano, che pagano
un carlino per cíascheduno, che volgarmente chiamano Personali...
Le fonti dell' archivio parrocchiale di Morrone sono
utilizzabili anche per la conoscenza dei cicli agiografici legati al culto
dei Santi e alla celebrazione delle relative feste, dei riti locali e
dell' evoluzione delle forme di culto. Nell' anno 1729 la comunità di
Morrone era particolarmente devota a S. Roberto e alla Vergine del Rosario
. Ma di grande importanza per la conoscenza degli aspetti devozionali
attraverso i quali si esprimeva la religiosità popolare è la memoria del
culto dell' Incoronata. Istituita il 20 giugno 1801 col comune consenso
del clero, la festività in realtà era stata già introdotta alcuni anni
prima dalla comunità, che la celebrava con rito processionale nell' ultima
domenica di aprile. Volendo i cittadini di Morrone propagarne il culto,
decisero di assumersi l' onere delle spese occorrenti all' ottenimento,
da parte del sovrano, delle «Insegne per il Clero» col patto ad esso imposto
della celebrazione della cerimonia in perpetuo .
La fonte dalla quale si è tratta questa memoria è il
«Libro delle Conclusioni», cioè le decisioni prese dal collegio canonicale
per il rinnovo delle cariche ai vari uffici e nelle questioni di ordinaria
amministrazione . Oltre a rivelarsi utile per la conoscenza dell' organizzazione
interna del clero e delle modalità di nomina e di riunione dei suoi membri,
essa, col tramandare memoria di altri eventi che hanno coinvolto la comunità
di Morrone in epoche remote e scarsamente documentate, si rivela fonte
di impareggiabile valore, anche in altri campi di ricerca.
Una attenta lettura delle sue pagine consente lo studio
dei manufatti e dell' artigianato dell' epoca. Infatti col tramandare
la memoria della decisione assunta dal clero nel luglio 1801 di perfezionare
il suono dell' organo con l' aggiunta dell' «ottava stesa», consente di
conoscere il nome dell' artigiano prescelto (che risulta essere il beneventano
Gaetano Abete), informa sull' attenta valutazione dei relativi oneri di
spesa, fatta « ... dietro un esatto informo di quanto poteva costare ...
», dà notizia dei problemi di carattere finanziario affrontati dal clero
per il pagamento dell' opera, in parte risolti con le offerte erogate
da «alcuni pii e devoti benestanti», fornisce la conoscenza, infine, dei
successivi disagi patiti a causa di incomprensioni insorte col maestro
organaro e della determinazione assunta, nel settembre 1806, di affidare
il perfezionamento dell' opera a Giuseppe Diamante Mascia, organaro di
Agnone,
... affinchè il lavoro imperfetto finisca di essere
totalmente inutile con detrimento della Chiesa ...
La lettura di altre fonti documentarie, quali le convenzioni
stipulate negli anni successivi per la manutenzione e revisione dell'
organo, integrata dalla lettura delle perizie eseguite per la ricostruzione
di alcuni parti del manufatto, ci consente di ripercorrere, in maniera
particolareggiata, tutte le fasi dei successivi interventi di ripulitura,
accordo e restauro occorsi allo strumento musicale, e affidati, nel corso
di ottanta anni, ai Mascia di Agnone
Di non minore interesse le notizie relative alla lesione
provocata al campanile dal terremoto del 26 luglio 1805, quelle inerenti
all' affidamento dei lavori di restauro dei quadri della Via crucis nell'
anno 1859 a Eustachio Pace, "ritrattista" di Campobasso, le notizie, infine,
relative alla perizia eseguita sull' edificio ecclesiastico nell' anno
1880 «per urgenti riparazioni».
Una lettura più attenta, per la sua indubbia importanza,
meriterebbe la documentazione relativa al regime beneficiario e patrimoniale
della chiesa.
Gli inventari sono lo specchio della situazione patrimoniale
e quindi rappresentano una spia privilegiata per la conoscenza della vita
dell' ente, nelle sue varie fasi di prestigio o di decadenza.
Ma senza entrare nel merito di complesse valutazioni
patrimoniali ci limitiamo a segnalare la presenza delle «mappe del Clero»
e degli «Stati della Chiesa», documentati dall' anno 1818 all' anno 1833.
Non si può evitare di segnalare, anche per la menzione
delle numerose istituzioni in essa elencate, una platea dei territori
di pertinenza, oltre che del clero, di antiche istituzioni quali le Cappelle
di S. Modesto e di S. Rocco, la Confraternita del Ss. Rosario, le Chiese
di S. Margherita, di S. Benedetto, di S. Onofrio, di S. Marco, della Ss.
Annunziata, di S. Giusta, di S. Antonio, «unite al clero», nonché dell'
Ospedale di Morrone.
Il regolare svolgimento dell' attività preminente di
dare incremento al culto pubblico di alcune tra le associazioni confraternali
operanti in Morrone nel corso del secolo XVIII è, tra l' altro, documentato
dai conti resi dal procuratore della Cappella di S. Maria di Costantinopoli
e dai libri di amministrazione contabile, redatti dal procuratore della
Congregazione del Ss. Rosario, eretta nella chiesa di S. Giacorno .
La lettura di altre testimonianze documentarie conservate
in archivio, col fornire elementi utili alla conoscenza dell' attività
caritativa svolta dalle associazioni laicali operanti in Morrone, consentirebbe
una visione più completa dell' organizzazione religiosa e sociale della
comunità.
Si fa un rapido accenno, a tal proposito, alle spese
sostenute dal procuratore del Sacro Monte dell' Ospedale per la «provigione
allo spedaliero», per la «limosina a Luterani, Calvinisti, che si sono
conversi alla Fede», e per la «limosina a diversi cittadini bisognosi
e vergognosi», documentate per gli anni 1781-1782.
Ma l' esercizio dell' attività caritativa, esplicata
nei confronti dei bisognosi dall' Ospedale di Morrone si svolgeva già
da circa un secolo. Ce ne fornisce la prova documentale un inventario
dei beni, redatto in forma pubblica nell' anno 1692. Oltre all' informazione
relativa all' antica, ma non precisata data di istituzione, da parte dell'
Università, dell' «Ospedale ( ... ) acciò si alloggiano li pellegrini»,
il documento fornisce una dettagliata descrizione dell' ubicazione dell'
edificio, sua strutturazione, tipologia degli arredi e natura dei territori
ad esso appartenenti.
In conclusione, nella speranza di aver fornito gli
elementi essenziali alla comprensione delle ampie potenzialità di ricerca
insite in queste fonti ecclesiastiche, si può senz' altro affermare che
l' archivio parrocchiale di S. Maria Maggiore costituisce un patrimonio
documentario di indubbia utilità per la salvaguardia della memoria storica
locale.
Lucia Di Santo
Tratto dal libro: Atti dell' incontro di studio Morrone
del Sannio 9 Agosto1996.A cura di Daniela Di Tommaso Ministero per i
beni e le attività culturali, Sovrintendenza archivistica per il Molise,
Campobasso