I ruderi della fortificazione si trovano nella parte alta della Civita, isolati dal nucleo abitato medioevale. Lo studio delle
caratteristiche planimetriche e strutturali non consentono di differenziare nettamente gli interventi longobardi da quelli normanni; la interpretazione è resa
ancora più difficile da recenti interventi che hanno omogeneizzato parte delle murature. Il castello Pandone appare come l’elemento emergente in una vasta
pianura alle pendici del Matese a controllo del transito sul tratturo Pescasseroli-Candela. Nelle vicinanze sono stati rinvenuti tratti di mura ciclopiche che
fanno pensare ad una prima fortificazione sannita riutilizzata in periodi successivi. Durante il regno di Federico II, l’area è teatro di lotte tra i
rappresentanti dell’imperatore e Giuditta, moglie del conte Tommaso di Celano. Nel Registrum Friderici II è fatta menzione della Civita: in un documento del 19
ottobre 1239 l’imperatore ordina di demolire le abitazioni costruite nei pressi della fortezza e di provvedere con sollecitudine alla manutenzione delle
strutture militari. Il castello comprende un ricetto destinato a rifugio occasionale per la popolazione, la residenza del conte nella parte mediana, e la corte
alta. Delle strutture della fortificazione sono ancora evidenti due ampi recinti separati da un fossato trasversale che sfrutta la naturale conformazione del
sito. Su questo si affacciano i resti di un ampio vano di pianta rettangolare di cui rimane solo parte della copertura voltata (a sesto ribassato). Le aperture
presentano una forte strombatura interna. Il cortile ha la funzione di piazza d’armi e di compartimentazione stagna (diateichisma). Delle torri originarie
sopravvive soltanto quella posta allo spigolo occidentale dove sono evidenti anche i resti di una cisterna: vasti tratti di muratura della recinzione medievale
con torri e porte sopravvivono pur se in parte inglobati nei più recenti edifici. Recenti scavi hanno permesso il rinvenimento di importanti ceramiche
invetriate del XIII secolo.