Le notizie storiche riferiscono di una incursione
saracena nel X secolo. Nel 1269 Macchia risulta in possesso di Amerigo de Sus;
durante il periodo
angioino viene assegnata a Aldemario di Scalea fino a quando Roberto d’Angiò non la
darà in feudo alla consorte Sancia. In seguito la storia di Macchia è legata a
quella del vicino centro di Monteroduni; tra i conti che hanno avuto il controllo
del paese, durante il XVII secolo, si ricordano i Della Marra di probabile origine
normanna.
Il castello occupa la parte alta dell’abitato, in una posizione di notevole
emergenza topografica, ed è ben visibile anche da lontano. Il lato del mastio che
guarda la chiesa presenta una parete continua mentre quello rivolto verso la piazza
è abbellito da una torre coronata da una piccola loggia e da un ampio loggiato,
testimonianza dei numerosi riadattamenti che il castello ha subito nel tempo.
Nonostante l’evidenza di un impianto fortificato con scarpa, l’edificio ha oggi
l’aspetto di un palazzo residenziale, risultato dalla fusione di volumi diversi,
accorpati in più fasi e in parte ancora riconoscibili. Il mastio, per le dimensioni
e per la tecnica costruttiva ricorda il castello di Venafro. L’ingresso principale è
preceduto da un scalinata che immette nell’ampia corte interna di pianta
trapezoidale. Del ponte levatoio rimangono le tracce dei sostegni e sulla parete di
ingresso al borgo, prospiciente al castello, una serie di beccatelli sostengono un
apparato a sporgere con fori per tiri piombanti.
La chiesa del paese è affiancata al castello creando
uno stretto percorso che si apre su una piazzetta.